Simona Maria CorveseChi è Simona Maria Corvese

Simona Maria Corvese

Nata a Milano, collabora con la rivista “Confidenze” di Stile Italia Edizioni (ex Mondadori), scrivendo racconti di vita vera.

È anche autrice di romanzi di fiction per adulti. Con la casa editrice PubMe ha pubblicato la dilogia di Sinfonia della Felicità:

“Sinfonia della Felicità – La storia di Roberto e Livia” vol.1 – casa editrice PubMe, collana Little Black Dress (autunno 2020).

 “Sinfonia della Felicità – Una famiglia per noi” vol.2 – casa editrice PubMe, collana Human (primavera 2021).

Dopo la Laurea Specialistica in Giurisprudenza con il vecchio ordinamento e un Master post lauream in Gestione Risorse Umane, Selezione e Formazione (Cegos Italia – formazione aziendale e manageriale), ha lavorato per diversi anni negli uffici del personale di grandi multinazionali, maturando esperienze in tutti questi aspetti della gestione delle Risorse Umane.

È stata anche formatore in un Master Human Resources di Cegos.

Vive con la sua famiglia nell’Hinterland Milanese. Ha sviluppato un interesse personale per la letteratura dickensiana e quella di Edith Wharton ma anche per il ghost writing.

Cara Simona, raccontaci un po’ più di te…

 

C'è stato un momento nella tua vita in cui ti sei messa fortemente in discussione? +
LA MUSICA MI HA INSEGNATO AD ASCOLTARE E ASCOLTARMI… UNA STORIA INIZIATA 37 ANNI FA.
Quando avevo 10 anni ero una bambina molto timida e insicura, talmente chiusa da non avere neppure il coraggio di dire che mi sarebbe piaciuto studiare uno strumento musicale: il pianoforte.
I miei genitori avevano intuito qualcosa, così un giorno mi chiesero se mi sarebbe piaciuto studiare musica. Presi il coraggio a piene mani e, con uno sforzo immane, esternai i miei desideri. Purtroppo non avevamo le possibilità economiche di acquistare un pianoforte, ma una chitarra, sì.
Giungemmo così a un giusto compromesso… ma le difficoltà non erano ancora finite. Nella mia città la scuola comunale di musica scoppiava d’iscrizioni e i corsi erano tutti al completo: dopo aver sostenuto una prova d’ingresso per le “riserve”, mi ero classificata seconda nella lista di attesa. Nella più rosea delle aspettative, non mi avrebbero convocato prima di un anno… in poche parole sarei stata tra i primi a essere chiamati per l’anno successivo. Uscendo dalla scuola, il giorno della prova, notai che alla bacheca nell’atrio erano affissi avvisi con i riferimenti di insegnati privati di musica. Fu così che entrai in contatto con il ragazzo che sarebbe diventato il mio insegnante di chitarra. Io una bambina dell’ultimo anno delle elementari, lui un 21enne neodiplomato al Conservatorio di Milano.
In questo modo ebbe inizio la mia avventura con lo studio della chitarra classica. Posso dirvi che mi trovai così bene con questo insegnante, che non mi iscrissi più alla scuola comunale. Furono 4 anni di intense lezioni private, in cui imparai ad amare uno strumento che non avevo considerato inizialmente tra le cose desiderate. La musica mi trasmetteva una magnifica sensazione di calma e m’infondeva sicurezza in me stessa, con la gentilezza e la sensibilità tipiche di quest’arte… ma il dono più prezioso che possa fare la musica è quello d’insegnarci ad ascoltare e ascoltarci.
Come è andata a finire?
Prima di tutto posso dirvi che, dopo soli due anni di studio, mi fu offerta una parte solista nell’orchestra giovanile che dirigeva il mio insegnante.
Oh, dimenticavo… In quegli anni la musica operò un altro miracolo: il giovanissimo chitarrista maturò la convinzione di conseguire anche il titolo di direttore d’orchestra e oggi (ecco il miracolo cui accennavo), dopo un’intensa carriera concertistica come chitarrista, dirige un’orchestra giovanile di ragazzi che provengono da situazioni familiari disagiate o svantaggiate (il che non vuol dire necessariamente situazioni strane, nella maggior parte sono casi di difficoltà economiche).
Oh, scusate, dimenticavo un’altra cosa… quell’orchestra è una delle 7 che aderiscono al sistema delle orchestre giovanili di Lombardia (“El Sistema” Lombardia).
Vedete quante belle storie può scrivere l’amore per la musica?

Cosa rappresenta per te il tuo libro? +
La trilogia di “Sinfonia della Felicità” è il frutto di numerose lunghe nottate passate a inseguire, con irriducibile entusiasmo, il sogno di raccontare questa storia che da molto tempo avevo in mente.
C’è una frase di Lev Tolstoj che mi ha sempre colpito e che ha ispirato l’idea di questo libro: “La differenza tra le persone, sta solo nel loro avere maggiore o minore accesso alla conoscenza”.
Conoscete la povertà educativa? Avete mai sperimentato l’attimo in cui prendete coscienza del vostro talento… e dell’impossibilità di svilupparlo, perché lo studio è un privilegio che non è stato riservato a voi?
Riuscite a immaginarvi quali sono le conseguenze dell’essere bambini invisibili, ovvero privi di documenti d’identità?
Sinfonia della Felicità è tutto questo per me: una storia onesta in cui ho voluto dar voce a temi sociali che mi sono particolarmente cari… e agli affetti, la cosa più importante del mondo, a qualunque latitudine e longitudine.

Quali sono le cose a te più care? +
Scrivere fa parte della mia vita da sempre. Adesso però non mi metto a raccontarvi che scrivevo favole e racconti già in tenera età: è quasi scontato ed è ciò che fa la maggior parte delle persone che pubblicano qualcosa da adulti. Mi sono occupata di selezione del personale per molti anni e la cosa che mi ha più affascinato in questo lavoro è stata la possibilità di ascoltare le perone e le loro storie: ogni intervista era la storia di un percorso lavorativo ma anche delle speranze, dei sogni e delle difficoltà che le persone avevano incontrato nel passaggio da un lavoro a un altro. Ogni persona era il potenziale protagonista di una storia. Se amate scrivere, potete immaginare quanti spunti se ne possono trarre? Ma non è finita qui: quando sono diventata mamma, qualche anno fa, mi sono ripromessa di trasmettere a mia figlia l’amore per la lettura e poi, chissà… magari anche quello per la scrittura. Un giorno, navigando in rete, mi sono imbattuta nel “Book art project” di Paul Johnson, un artista-progettista inglese, che ha insegnato a molti bambini delle scuole primarie in Inghilterra a realizzare libri fatti a mano, dalla progettazione della storia alla realizzazione del libro, con le illustrazioni e le forme più fantasiose che si possano immaginare. Per me, che sono sempre alla ricerca di nuovi stimoli nella lettura e nella scrittura, soprattutto per trascorrere tempo di qualità con mia figlia, è stato un invito a nozze! Quella casuale scoperta è stata la scintilla che ha dato il via a una dolcissima “stagione letteraria” con la mia piccola… stagione che non ha avuto ancora fine… e i ‘libri fatti a mano’ che realizziamo insieme o che lei realizza per me, andranno a formare la nostra biblioteca privata di famiglia. Se si ama la lettura e la scrittura, non riesco a immaginare un modo più bello per dedicare del tempo ai figli.
Tra i miei autori preferiti ci sono Edith Wharton, per la sua scrittura elegante, scorrevole e cristallina ma anche per un aspetto della sua vita privata che pochi conoscono: il suo straordinario impegno sociale per i rifugiati che, durante la prima guerra mondiale, si riversarono a Parigi. In quel periodo Edith Wharton istituì l’American Hostels, un’associazione al servizio dei rifugiati, e ne accolse a migliaia. C’è una sua frase, in particolare, che mi è stata di grande ispirazione: “Chiunque abbia incrociato, anche per una sola volta, quello sguardo di muto smarrimento o di orrore, pieno del riflesso delle fiamme e della devastazione, non potrà mai più scrollarsi di dosso l’ossessione per i rifugiati”. Ecco, io penso che chiunque abbia a cuore temi sociali come l’emarginazione, i minori privi di documenti d’identità (quindi bambini invisibili), lo sfruttamento dei minori, la povertà educativa… e “abbia incrociato anche solo una volta” questi sguardi, non possa più toglierseli dalla mente e dal cuore. La scrittura diventa allora il mezzo per dar voce a queste problematiche e per rendere visibili gli invisibili.
L’altro autore che adoro (il mio preferito) è Charles Dickens: io sono malata di Dickens! È il padre del romanzo sociale e non mi stanco mai di leggerlo. I miei romanzi preferiti di questo autore sono “Oliver Twist” e “Nicholas Nickleby”. Vi confesso che in “Sinfonia della Felicità – la storia di Roberto e Livia”, nei flash back sull’infanzia di Roberto, mi sono concessa la soddisfazione di ricreare atmosfere vagamente dickensiane, nonostante il romanzo sia ambientato ai giorni nostri.
Quando poi ho scoperto che Charles Dickens, dall’infanzia fino alla fine della sua vita, fu affascinato dai “Victorian toy theatre” (teatri-giocattolo di carta),con i quali metteva in scena spettacoli teatrali casalinghi, vestendo i panni dell’attore, direttore, produttore e autore di testi...
… che altro aggiungere? Stima e simpatia “forever” per questo grande scrittore!
Un ultimo cenno lo dedico a un’autrice per l’infanzia a me carissima: Frances Hodgson Burnett. Da bambina sono cresciuta con i suoi romanzi, “Il piccolo Lord Fauntleroy”, “La piccola principessa” (il mio preferito) e “Il giardino segreto”. Devo molto a questa scrittrice, alla sensibilità e al tatto con cui descrive l’infanzia e alcune problematiche sociali della sua epoca, come lo sfruttamento dei minori (proprio in “La piccola principessa”). Vi confesso un ultimo segreto: in “Sinfonia della Felicità – La storia di Roberto e Livia”, le rendo omaggio. Roberto regala a Livia “Il giardino segreto”, alla cui lettura la bambina si appassionerà molto. In seguito Roberto e Livia, guarderanno insieme il film “Sara Crewe, la piccola principessa” (è l’edizione del 1995), la cui trama, come avrete modo di notare, differisce da quella originale del romanzo.
Ecco, io mi sono formata su questi scrittori ma, soprattutto, mi sono appassionata alla lettura dei loro romanzi. Non smettete mai di leggere, qualunque siano i vostri interessi letterari e assecondate le vostre passioni: vedete quanto lontano vi possono condurre?

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